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Partiamo dalle basi: cosa significa Brand?

Lo so che te la faccio a peperini con ‘sta storia del significato, reale, del termine “Brand”. Ma è su questo che si fonda il mio lavoro quindi capirai che ci tengo proprio. E, comunque, vedo che c’è ancora un bel po’ di confusione in merito.

Come accade spesso a paroline prese in prestito dall’inglese, anche a “brand” capita di essere usata in modo improprio. Sono soprattutto due i grandi fraintendimenti sul termine: c’è chi crede sia un sinonimo di “azienda”, e chi lo usa per dire “logo”.

Nein! Nessuna delle due cose è vera.

Ora… se questo errore lo commettesse – che ne so – mio zio Roberto, che è un fantastico pensionato, non starei nemmeno a correggerlo. Ma tu, che gestisci la tua attività di piccola imprenditoria o come freelance, devi avere le idee super chiare a riguardo. Perché, indovina un po’, tu un Brand ce l’hai.

L’etimologia e l’evoluzione del termine Brand.

Pare che discenda dal norreno “brandr” che significa bruciare. Infatti, con “brand” ci si riferiva alla pratica di segnare la proprietà del bestiame con un marchio a fuoco. Da lì il passo è stato breve e, con la nascita di grandi aziende ed etichette, “brand” è diventata la parola di riferimento per il logo – proprio così: il disegnino che segnava che un certo prodotto era stato confezionato proprio da una azienda.

A-ha! Ma allora “brand” e “logo” sono sinonimi per davvero?

No, perché nel frattempo sono passati decenni e le cose sono un tantinello cambiate. Prima fra tutte il contesto: tieni presente che all’epoca non c’era la grande varietà di scelta di oggi, e non c’erano di sicuro così tante aziende nel panorama.

Quando il mercato era così poco affollato, per farsi notare bastava poco: se dicevi di vendere il miglior detersivo venivi ascoltato perché, magari, di competitor ne avevi giusto tre o quattro. Inoltre, come puoi leggere qui, la comunicazione e il marketing erano del tutto unidirezionali e controllati dagli emittenti: il grande popolo degli acquirenti subiva il messaggio senza avere ancora sviluppato la capacità critica che abbiamo, invece, oggi.

Non c’era ancora bisogno di infondere un prodotto di un valore e di una personalità che trascendesse il banale “compralo perché ti serve per lavare i panni”.

Oggi un Brand deve essere molto di più.

Le cose sono cambiate. È aumentato, a dismisura, il numero degli attori sul mercato: ora di produttori di detersivi ce ne sono – boh, troppi da contare. E noi consumatori siamo diventati un sacco più scaltri e consapevoli. Le scelte di acquisto non sono guidate solo da considerazioni pratiche o economiche, perché non sarebbero più sufficienti: quanti detersivi perfettamente uguali e allo stesso prezzo troviamo sullo scaffale del supermercato?

No, oggi un acquisto è motivato anche (soprattutto) da considerazioni emotive, etiche e personali.

Il Brand è la Marca, non il Marchio.

Eh già, c’è una grossa differenza! Per adeguarsi al nuovo comportamento degli acquirenti, le aziende hanno capito che dovevano umanizzarsi, assumere delle caratteristiche con cui fosse possibile empatizzare. In altre parole, dovevano dimostrare una vera e propria personalità e fare in modo che il pubblico iniziasse a pensare a loro in termini sentimentali.

Pensaci bene: quando qualcuno è un vero fan di una certa azienda si dice che è un affezionato, giusto? Beh, non è un caso! Se rifletti sul tuo rapporto con il tuo Brand preferito, quello di cui compri proprio tutto e conosci ogni novità, ti accorgerai di avergli riservato – sul serio – un posticino nel tuo cuore.

Ecco, quindi, cosa significa Brand.

È il sentimento che esso riesce a trasmettere al suo pubblico di elezione. È l’idea che dà di sé. È la reputazione, il ruolo che assume nella mente del proprio Cliente Ideale. Insomma, è un sacco di cose empiriche e immateriali.

Dentro al Brand ci sono anche alcuni aspetti molto più pratici e tangibili: il logo, ad esempio, è un elemento che compone il Brand perché contribuisce a costruire la personalità di cui sopra (e questo è il motivo per cui un logo non è solo un disegnino).

L’opportunità per i piccoli imprenditori.

Prima di lasciarti voglio farti riflettere su questa cosa. S’è detto che un Brand è un sentimento e che ormai il marketing è H2H – umano verso umano. In tal senso, una piccola azienda composta da pochi individui o, addirittura, una attività condotta da solopreneurs hanno (finalmente) un vero e competitivo vantaggio, perché è molto più facile “umanizzare” un Brand di questo tipo.

Se pensi, ad esempio, al mio Nemawashi Studio è molto probabile che tu finisca per pensare a… me! Che sono a tutti gli effetti una persona, un individuo, con pregi, difetti e valori con i quali è facile empatizzare e sentire una connessione. Capito il punto?

Quindi ora non hai più scuse, d’accordo? Il termine Brand non ha più segreti per te.

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